mercoledì 14 gennaio 2009

Googlerank, pagerank di Google Inaugurazione Anno Giudiziario 2009 INTERVENTO DEL PRESIDENTE DEL CNF Roma, 30 gennaio 2009 Signor Presidente della Repubblica, signor Presidente del Consiglio, signor Presidente della Corte costituzionale, signor Ministro Guardasigilli, signor Primo Presidente, Signor Procuratore Generale, Eminenza Autorità civili e militari porgo a loro e a tutti gli intervenuti il deferente saluto del Consiglio nazionale forense e mio personale. Nel corso del congresso nazionale forense, che si è celebrato a Bologna nel novembre scorso, si è dedicato ampio spazio ai problemi della giustizia, resi particolarmente acuti dalla perpetuazione della crisi che investe ormai da decenni la macchina processuale del nostro Paese. La situazione si è aggravata vieppiù a causa della recessione economica che ha assunto dimensioni globali e una veemenza inaspettata. La recessione produrrà inevitabilmente effetti negativi anche sul contenzioso: è prevedibile la moltiplicazione delle azioni rivolte alla tutela del credito, l’instaurazione di procedure connesse alla insolvenza delle imprese, e più generalmente una soluzione conflittuale, anziché amichevole, delle controversie. L’ Avvocatura, consapevole del suo ruolo e della responsabilità che ciascun cittadino deve assumersi in questi frangenti, senza perdere la speranza, ma anzi cercando di volgere le difficoltà del momento in un ammonimento ed in uno sprone per ridare credibilità al sistema e vigore allo sviluppo economico – come ci ha esortato il Capo dello Stato nel suo discorso di fine d’anno - intende profondere il suo impegno nel modo più rigoroso per agevolare la situazione e contenere i tempi delle fasi cruciali. Al congresso si sono esaminate le possibile vie d’uscita alla situazione che già allora si stava delineando e che nei mesi successivi si è definita con contorni più netti La stato delle cose, illustrato con la consueta precisione dal Presidente della Suprema Corte continua ad essere preoccupante. I dati or ora declinati confermano la tendenza negativa già registrata negli anni passati, come emerge anche dal Rapporto del CEPEJ che ne ha fatto oggetto di esame comparativo con la situazione in cui versa la giustizia negli altri Paesi del Consiglio d’Europa. Pubblicato nell’ ottobre scorso, i dati si riferiscono al 2006; il rapporto elabora statisticamente i tempi e i modi nei quali funziona la macchina della giustizia affidata agli apparati pubblici. E’ amaro constatare che la giustizia civile – a differenza di quella penale e di quella amministrativa - connota il nostro Paese in modo non encomiabile; in alcune tabelle, ad es. in quella riguardante il numero dei procedimenti pendenti e tempi del loro esaurimento – il nostro Paese è in coda rispetto ai Paesi dell’ Unione europea, ma purtroppo rispetto anche agli altri del continente, seguito solo dalla Bosnia Erzegovina. Questi dati riflettono tuttavia solo uno spicchio della situazione complessiva. Come tutte le analisi statistiche ed economiche che tengono conto dei dati più facilmente verificabili , dà spazio ai costi senza tener conto dei benefici. Quanto ai costi, la spesa in questo settore non risulta essere inferiore a quella stanziata in Paesi economicamente forti, come la Francia, la Germania o il Regno Unito; è evidente però che là dove il numero dei procedimenti e i tempi del loro esaurimento sono ridotti l’investimento produce effetti più considerevoli. Ma credo che sia necessario correggere quell’analisi almeno sotto due profili: l’ampio ricorso alla giustizia ordinaria, che costituisce un primato per noi; e questo è il segno che, pur in condizioni difficili, ai giudici togati continuano ad affidarsi milioni di cittadini, come dimostra il numero dei procedimenti pendenti; il costo della giustizia per i suoi utenti, che nel nostro Paese è ancora tollerabile e quindi non costituisce un ostacolo al suo accesso. Sarà allora una questione di ottimale distribuzione delle risorse, di completamento dell’organico, di migliore gestione della organizzazione amministrativa. A questo programma di miglioramento stiamo lavorando, in collegamento con gli Ordini distrettuali e territoriali e con i componenti dei consigli giudiziari, che ci aiutano a monitorare il sistema e a segnalarne le manchevolezze, oltre che i possibili rimedi. Solo in questo modo il diritto alla difesa, consacrato dall’art. 24 della Costituzione, che costituisce ancora uno dei grandi meriti che si possono ascrivere alla legge fondamentale, potrà essere compiutamente applicato, come si è avuto modo di sottolineare in occasione dei numerosi incontri di studio promossi, anche per merito della Corte costituzionale, in quest’anno fecondo che ha celebrato i sessanta anni della Costituzione repubblicana. Quanto ai rimedi, l’anno appena trascorso ha recato alcune importanti innovazioni. L’ Avvocatura ha dato immediato riscontro e offerto la sua disponibilità alla creazione di organismi di conciliazione e mediazione presso i Tribunali, che potranno essere gestiti dagli Ordini forensi, con la partecipazione degli avvocati in veste di conciliatori e mediatori. Questo ruolo è espletato regolarmente nell’ambito della c.d. giustizia privata; ma è svolto dagli avvocati in via di supplenza nella veste di giudici onorari, il cui numero è quasi il doppio di quello dei giudici togati. Allo stesso modo l’Avvocatura ha accolto con favore, ed è quindi disponibile a realizzare compiutamente, il progetto in allestimento di estensione del processo telematico a tutte le procedure e in tutte le sedi. Anche le riforme - annunciate al congresso dal Ministro della Giustizia - sono state accolte con favore; alcune di esse per la verità erano già state oggetto di ripetute proposte e richieste dell’Avvocatura: dalla semplificazione dei riti processuali alla riorganizzazione normativa del sistema, dalla specializzazione dei giudici alla migliore definizione dei confini della giurisdizione, e così via; temi sui quali molto si è discusso, anche in quest’aula, grazie alle iniziative seminariali promosse dal Primo Presidente. Abbiamo anche esaminato qualche testo proposto in sede governativa e abbiamo partecipato alle audizioni delle commissioni parlamentari competenti. Attendiamo ora di esaminare la versione definitiva dei provvedimenti, che è stato annunciata come imminente, e confidiamo che ci sia data la possibilità di contribuire, sulla base dell’esperienza maturata diuturnamente nelle aule di giustizia, a che il testo posto in approvazione tenga conto delle esigenze che abbiamo segnalato. D’altra parte, questo è uno dei compiti istituzionali del Consiglio, al quale non intendiamo sottrarci. Abbiamo accolto con favore la decisione di introdurre nel nostro ordinamento una azione risarcitoria collettiva che assicuri ai consumatori quello strumento processuale che la Commissione europea ha raccomandato nel piano strategico di tutela dei consumatori per gli anni 2007-2013, con il Libro verde sui rimedi collettivi [COM(2008) 794 del 27 novembre 2008] e con il Rapporto sulla effettività e sull’efficacia dei rimedi collettivi, pubblicato il 23 dicembre scorso. Attendiamo, anche in questo settore, di esaminare il testo, grati se ci sarà data la possibilità di offrire la nostra collaborazione, questa volta non sulla base dell’esperienza, che dovrà essere costruita sul campo, ma sulla base dei principi di chiarezza, coerenza, efficacia a cui dovrebbero rispondere tutti i provvedimenti normativi ed in particolare questo , la cui redazione, come abbiamo potuto constatare esaminando il testo approvato dal Parlamento e poi saggiamente sospeso, implica particolari difficoltà di natura tecnica, oltre che scelte di natura politica. Siamo ovviamente disponibili a collaborare alla applicazione del Regolamento comunitario n. 1896 del 2006, entrato in vigore il 12 dicembre scorso, sul procedimento ingiuntivo, e alla applicazione del Regolamento comunitario n. 861 del 2007 , entrato in vigore il 1 gennaio scorso , sulle controversie di modesta entità, che semplifica i procedimenti relativi a controversie transfrontaliere in materia civile e commerciale; le small claims potrebbero essere anche amministrate dagli stessi organismi di conciliazione e mediazione, ai quali il legislatore potrebbe affidare i compiti giudiziali previsti dal Regolamento, e ciò per non gravare ulteriormente il carico, già gravoso, della giustizia ordinaria. Le small claims richiamano alla mente la tutela dei diritti “deboli”: non solo dei diritti dei soggetti deboli, i malati, gli anziani, i minori, gli immigrati, i poveri, ai quali l’ Avvocatura sovviene, nei limiti consentiti dall’attuale legislazione e in adempimento della sua responsabilità sociale, ma anche dei diritti che pur essendo “forti” dal punto di vista della loro garanzia costituzionale, sono tuttavia deboli perché non trovano nella macchina della giustizia e spesso anche nell’ apparato istituzionale una adeguata tutela; mi riferisco in particolare ai diritti civili e al giusto processo. Il 6 dicembre scorso, data memorabile per la proclamazione universale dei diritti dell’uomo, è stata sottoscritta a Parigi la “Carta degli avvocati nel mondo”, promossa dall’ American Bar Association, dal Barreau des Avocats di Parigi e dal Consiglio nazionale forense, per consentire agli avvocati, che per loro costituzionale professione sono paladini dei diritti di libertà, di operare ovunque siano conculcati i diritti fondamentali. E’ l’ulteriore impegno che abbiamo assunto, anche a testimoniare che, al di là dell’immagine spesso riduttiva quando non denigratoria dei mass media, per la verità non condivisa dall’opinione pubblica, come è risultato da recenti indagini sociologiche, gli avvocati non perdono mai di vista il loro compito essenziale, essere cioè custodi dei diritti. Ma per esser tali gli avvocati abbisognano di moderne regole, di regole che consentano un accesso selezionato, una formazione continua accurata, un procedimento disciplinare semplificato e spedito, una amministrazione degli albi più ordinata. Abbisognano cioè di una riforma radicale della professione, che ne esalti la funzione e ne ammoderni l’organizzazione. Alcuni progetti di legge dedicati alla riforma della disciplina della professione forense pendono ora in Parlamento; mi auguro che tutte le componenti dell’ Avvocatura, come convenuto nel corso del congresso bolognese, siano in grado di predisporre al più presto un testo aggiornato in materia da sottoporre al legislatore. Se si vuole accedere alla prospettiva del mercato, senza giungere agli eccessi della “commercializzazione” della professione, ben venga una disciplina che renda più competitiva l’Avvocatura italiana rispetto a quelle degli altri Paesi europei, e anche più competitiva rispetto alle altre professioni. Il Consiglio nazionale forense, insieme con tutte le componenti associative dell’Avvocatura, da anni si prodiga per migliorare la qualità della formazione e della prestazione professionale degli avvocati e ritiene perciò errata la prospettiva di quegli organismi internazionali, come la Banca mondiale degli investimenti (con i suoi Rapporti del 2004, 2007, 2008) o l’OCSE (con il suo Rapporto sulla competizione nelle professionali legali dell’ 8 gennaio 2008), che , sotto il velo della efficienza del mercato, accreditano una ideologia della concorrenza che tende a privilegiare gli ordinamenti di common law rispetto quelli di civil law, a considerare l’Italia un paese poco affidabile per gli investitori a causa del suo sistema giudiziario, a ritenere il ruolo degli avvocati del tutto marginale. La cultura giuridica di cui siamo portatori insieme con coloro che autorevolmente amministrano la giustizia, la tradizione di libertà espressa per l’appunto dal “libero foro”, l’impegno profuso nella difesa dei diritti della persona, dei rapporti familiari, dei rapporti economici, nei processi penali equi nella misura in cui la difesa non è minorata rispetto all’accusa, nei processi amministrativi e tributari dimostrano come l’Avvocatura possa cooperare attivamente nella amministrazione della giustizia e come possa, anche in questo difficile momento, contribuire a recuperare la prosperità del Paese. E’ questo rinnovato impegno che assumo, dinanzi a Lei Presidente, e alle Autorità qui convenute, a nome dell’Avvocatura. Ringrazio tutti Loro per la cortese attenzione.

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