mercoledì 12 novembre 2008

La genitorialità sociale e i diritti del concepito: tra divieto di fecondazione eterologa e patologia giuridica. di Francesco Siciliano Sommario: 1. La carta di Nizza in generale. Sue influenze sul diritto interno. - 2. La normazione positiva nazionale e ultra nazionale. In particolare la figura della genitorialità sociale e la difesa del diritto del concepito. ** * ** 1. La carta di Nizza in generale. Sue influenze sul diritto interno La Carta europea dei diritti fondamentali, approvata dal Parlamento europeo il 14 Novembre 2000 e proclamata ufficialmente dal Consiglio europeo di Nizza il 7 dicembre 2000, racchiude in 54 articoli quello che dovrebbe diventare il nucleo centrale della futura Costituzione europea, rispecchiando i valori che costituiscono l'identità degli Stati aderenti, anche in vista dell’allargamento dell’unione.Sebbene privo di valore giuridico vincolante, il documento - che rappresenta il minimo comune denominatore delle diverse tradizioni costituzionali - segna dunque una svolta essenziale nella politica dell'Unione europea, in origine orientata ad affrontare prevalentemente questioni economiche. Essa accoglie, in linea di principio, i diritti contemplati dalla Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo del 1948 e quelli enunciati nella Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali del 1950, con l'aggiunta di alcuni "nuovi diritti" come richiesto dal Parlamento europeo. La Carta recepisce inoltre i c.d. diritti indiretti, cioè quelli derivanti dai Trattati, dalle Convenzioni, dalle Carte comunitarie e i diritti riconosciuti dalla giurisprudenza della Corta di Giustizia delle Comunità europee e della Carta europea dei diritti dell'uomo, così che le istituzioni comunitarie e gli Stati membri possano interpretare la normativa comunitaria alla luce delle disposizioni in essi contenute. I diritti sono raggruppati in sei capitoli concernenti la dignità, la libertà, l'uguaglianza, la solidarietà, la cittadinanza e la giustizia. Un'ultima parte contiene le disposizioni relative alla sfera di applicazione della Carta ed una clausola c.d. di salvaguardia (art. 53), diretta a riconoscere la prevalenza della normativa internazionale o nazionale se più favorevole rispetto a quella prevista dal documento di Nizza. Quanto alla definizione di "nuovi diritti" la Carta recepisce principi elaborati in seno alle Nazioni Unite e al Consiglio d'Europa. Nell'ambito della biologia e della medicina ad esempio, è previsto il diritto al consenso informato nonché il divieto di commercializzazione del corpo umano e delle sue parti, il divieto di clonazione e di pratiche biogenetiche (art. 3).E' inoltre contemplato il diritto alla tutela dei dati personali (art. 8) frutto del progresso elettronico e della globalizzazione, quello alla libertà d'impresa (art. 16) finora mai contemplato in atti internazionali. Non esistono particolari innovazioni nell'ambito del diritto di asilo (art. 18), ma viene definitivamente previsto all'art. 19 il divieto di respingimento dello straniero nel Paese in cui è oggetto di persecuzione. Alcuni articoli della Carta rivestono un singolare interesse per la delicatezza dei principi enunciati: il principio di non discriminazione da applicarsi anche nel caso di diversità di orientamenti sessuali (art. 21), il principio di libertà religiosa e quello d'istruzione (artt. 10 e 14), da impartire secondo le convinzioni religiose dei genitori. In base al principio di proporzionalità (art. 52), la Carta consente limitazioni all'esercizio dei diritti e delle libertà nei casi previsti dalla legge, purché il loro contenuto sia rispettato e solo nei casi nei quali tali limitazioni risultino necessarie perché rispondenti a finalità importanti di interesse generale riconosciute dall'Unione o all'esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui. Per ciò che concerne l’argomento della seguente trattazione essa stabilisce la difesa della vita di ogni essere umano, la necessità del consenso informato sulle tecniche mediche cui i soggetti dell’ordinamento fanno riferimento nonché la tutela della vita privata e familiare di ogni cittadino oltre al suo diritto di costituirsi una famiglia. Nel settore che più propriamente interessa la nostra trattazione le norme fondamentali sono rappresentate dal consenso informato che ogni stato deve prevedere con riferimento alle tecniche mediche e la salvaguardia della vita umana oltre alla salvaguardia della vita privata e familiare. Esula dalla nostra trattazione ogni considerazione circa il concetto e il modello di famiglia cui la carta fondamentale fa riferimento mentre è certo che la normazione ultranazionale trova perfetta corrispondenza nel dato interno quanto alla difesa della vita umana e alla necessità del consenso informato con riferimento al ricorso alle tecniche mediche in tema di procreazione. Invero le norme previste dalla legge in commento sulla tutela del concepito in ipotesi di violazione del divieto di fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo rientrano perfettamente nel paradigma della difesa della vita umana atteso che la legge in perfetta aderenza alla Carta tutela la vita umana prevedendo le ipotesi di impunità dei genitori e la salvaguardia dello status del figlio. Allo stesso modo la norma si preoccupa di stabilire la obbligatorietà del consenso informato. In altri termini le disposizioni della legge in commento si ritrovano perfettamente coerenti almeno sotto il profilo delle disposizioni richiamate alle previsioni della Carta. Le disposizione afferenti alla tutela dei minori, invero, fanno emergere il concetto fondamentale posto a base della scelta del legislatore interno nel tema che si va discorrendo. E’ infatti paradigmatico nel settore di cui ci si occupa la preminenza della tutela del minore rispetto alla aspirazione, pur legittima, dell’uomo di divenire genitore atteso che quando la Carta di Nizza fa riferimento ai rapporti del minore esplicita espressamente la necessità della sua evoluzione all’interno della coppia con ciò legittimando la scelta del legislatore nazionale che vieta ( rectius: non prevede) il diritto alla fecondazione medicalmente assistita per la donna single. Allo stesso modo la preminenza della tutela del minore esclude che la violazione del divieto di fecondazione eterologa potesse portare alla negazione dello status di figlio del concepito giusta la considerazione che il bene preminente nell’ambito del bilanciamento tra i beni giuridici tutelati è e rimane l’interesse del minore alla sua esistenza e alla sua evoluzione. Vedremo poi nel corso della trattazione la perfetta coincidenza di beni giuridici tutelati tra la norma interna e la Carta fondamentale. 2 La normazione positiva nazionale . In particolare la figura della genitorialità sociale e la difesa del diritto del concepito. La legge 19 febbraio 2004 n. 40 si occupa di dettare norme in materia di procreazione medicalmente assistita. La legge in commento entra nel campo della regolamentazione della procreazione medicalmente assistita prevedendo all’art. 1 la possibilità di ricorrere ai metodi di procreazione assistita qualora la coppia che intende utilizzare tale tecnica abbia problemi riproduttivi derivanti dalla sterilità o dalla infertilità umana. Dalla normazione positiva prevista all’art. 1 si possono prima facie inferire alcune evidenti considerazioni di inquadramento dogmatico delle fattispecie disciplinate dalla legge. In primo luogo va detto che il nostro ordinamento certamente prevede per l’individuo un diritto alla procreazione, strettamente connesso alla propria libertà sessuale. La fonte normativa di tale diritto va rinvenuta nei principi costituzionali e descritto in termini di diritto soggettivo pieno, non essendo esso condizionabile o sopprimibile da regolamentazioni normative1. Esso trova altresì riconoscimento normativo in fonti di rango primario quali quella relativa alla legge sull’interruzione della gravidanza. Distinto è invece l’inquadramento dogmatico da assegnare al diritto di ricorrere alla fecondazione medicalmente assistita atteso che esso trova fonte in diverse norme costituzionali e di legislazione primaria e diverso è il suo atteggiarsi concreto essendo questo comprimibile e regolamentabile da fonti di legge. Invero la legge individua nell’ambito delle situazioni di infertilità il diritto della coppia di ricorrere alla fecondazione artificiale così delineando un diritto condizionato2 al ricorso alla fecondazione medicalmente assistita. Soggetti legittimati all’esercizio di tale diritto sono l’uomo e la donna uniti da un legame di coppia, sostanzialmente stabile, essendo a tal fine parificata la convivenza all’unione matrimoniale. In ordine alla identificazione della fonte normativa da cui ricavare l’esistenza del diritto condizionato al ricorso alla fecondazione artificiale taluni commentatori lo hanno ancorato al diritto alla salute costituzionalmente tutelato3 anche se tale inquadramento dogmatico non sembra essere pienamente aderente al dato normativo posto che la previsione di legge che limita la possibilità di ricorso alla fecondazione medicalmente assistita alle sole coppie evidentemente esclude che la donna single possa far ricorso alla fecondazione artificiale per la mera tutela del suo diritto alla salute4. In realtà le norme cui maggiormente sembra ancorato il c.d. diritto di procreare sono gli artt. 2, 29, 30 e 31 Cost in quanto il diritto di costituire una famiglia e la conseguente filiazione non possono essere disgiunte dall’evento riproduttivo. Nell’ambito del generale diritto a procreare e ad essere genitori che trova anche conferma normativa nelle varie norme che consentono di superare l’eventuale impossibilità della coppia di procreare naturalmente si vede come nella sua realizzazione concreta all’interno della coppia e dell’ordinamento tale diritto trovi un bilanciamento con altri valori pure costituzionalmente tutelati. E’ il caso della legge sull’adozione tradizionale che sembra assolvere precipuamente alla funzione di dare una discendenza a chi non può avere figli mentre la legge sull’adozione speciale riformata dalla L. 4 maggio 1983, n. 431 assolve alla diversa funzione – anche sotto il profilo del bene giuridico tutelato e della mens legis – di dare al minore una famiglia idonea all’interno della quale trovare le condizioni di sviluppo della sua personalità secondo le sue aspirazioni e inclinazioni. Riprova di ciò la si ha avuto riguardo alla posizione giuridica del minore adottato a al procedimento di adozione in generale. In quest’ultimo caso,invero, il diritto di procreare rectius di divenire genitori viene bilanciato dal diritto del minore di trovare la famiglia idonea al suo sviluppo. Pertanto il dato normativo su cui si fonda il generale diritto a procreare consente di individuare nelle medesime norme la fonte su cui poggia il diritto al ricorso alla procreazione medicalmente assistita che lascia libero il soggetto interessato circa l’an, il quando e il quantum della scelta procreativa ma legittima l’inquadramento della figura soggettiva in termini di diritto condizionato posto che l’ordinamento regola il quodomo dell’esercizio di tale diritto5. Si deve, pertanto escludere, ogni richiamo al diritto alla tutela della salute del soggetto, seppur vagamente enucleabile dal dato normativo, atteso che tale richiamo incontra il limite dei soggetti legittimati al ricorso a tale tecnica riproduttiva che ovviamente non consente di ritenere enucleabile un diritto alla salute della coppia ma di contro una tutela dello sviluppo della personalità umana nell’ambito della formazione sociale ove si svolge la personalità dell’uomo ( arg. Ex art. 2 Cost.). Le conclusioni cui si è giunti avuto riguardo al dato normative interno sembrano perfettamente coerenti con il dato normativo ricavabile dalla Carta di Nizza laddove le disposizioni che riverberano i loro effetti sulla questione in argomento consentono di enucleare le medesime conclusioni. Invero, l’art. 24 della Carta stabilisce e ribadisce la scelta fondamentale della preminenza dell’interesse del bambino quale bene giuridico da tutelare anche a dispetto di altri concernenti le aspirazioni dell’uomo con riguardo al suo diritto di procreare e divenire genitore. Infatti la norma pone all’interprete e al legislatore nazionale due punti fermi nell’affrontare il problema sia con riferimento all’inquadramento dogmatico sia alla possibilità di legiferare nell’ambito interno. Il punto fondamentale è quello dell’interesse del minore a vedere riconosciuto il suo diritto di esistere e di esprimersi e l’altro, pure fondamentale, sempre ricavabile dall’art. 24 della Carata è quello concernente la necessaria presenza dei due genitori ( ovviamente intesi di sesso diverso altrimenti la norma cesserebbe di avere un significato reale) sia nella vita del bambino con riguardo alla sua crescita sia, evidentemente, al momento della sua procreazione anche per il ricorso a pratiche medicalmente assistite. D’altra parte la legittimità della scelta nazionale che si commenta – cicca la necessaria presenza della coppia- trova il suo dato normativo nelle previsioni di cui all’art. 9 della Carta che espressamente preserva alla legislazione nazionale le scelte circa la formazione della famiglia e della sua tutela. Spostando l’angolo di visuale dal diritto di procreare a quello del divenire genitori è evidente che il ricorso alla fecondazione medicalmente assistita pone problemi di ordine giuridico solo con riguardo alla fecondazione c.d. eterologa atteso che la fecondazione di tipo omologo non fa scaturire alcuna problematica in ordine alla derivazione biologica e giuridica del nuovo nato quanto alla paternità. La fecondazione omologa, si è detto, non pone alcun problema in ordine alla genitorialità che essa fa scaturire atteso che essa è ritenuta meritevole di tutela giuridica e sociale. Invero la fecondazione omologa soddisfando il desiderio di una coppia sterile di avere figli del proprio sangue non pone alcun problema di ordine giuridico posto che sussiste una perfetta coincidenza fra verità biologica e verità giuridica. Invero la ratio che sottende alle norme relative alla filiazione è certamente basata sul caposaldo del favore veritatis in contrapposizione al favor legittimatis dimodochè l’ordinamento consente di rimuovere i meccanismi derivanti dalle presunzioni legali di paternità ogni qual volta la presunzione di paternità non coincida con la verità del concepimento ( arg. ex art. 235 c.c.). Da ciò discende in maniera piuttosto evidente che il ricorso alla fecondazione medicalmente assistita da cui scaturisca una fecondazione artificiale di tipo omologo non pone all’ordinamento e all’interprete alcun tipo di problema essendo tale tecnica perfettamente coerente con tutti i principi stabiliti dall’ordinamento. Essa, infatti, consente il ricorso alle predette tecniche quale modo per risolvere i problemi di sterilità di coppia e, allo stesso modo, è perfettamente in linea con i principi dell’ordinamento in ordine alle presunzioni di paternità. Ovviamente la patologia in quest’ultimo caso concerne esclusivamente la fecondazione artificiale di tipo omologa post mortem la cui liceità è da escludere nel nostro ordinamento. Anche se in talune circostanze soccorrono le presunzioni di paternità codificate. La questione ha trovato precedenti giurisprudenziali di merito in Trib. Palermo, Ordinanza 29 dicembre 19986. La liceità della fecondazione artificiale di tipo omologo attesa la sua perfetta coerenza con le norme stabilite dall’ordinamento fanno ormai affermare che si sia definitivamente superata l’endiadi sessualità-riproduzione dove la prima è il naturale e logico presupposto della seconda posto che le tecniche di riproduzione hanno reso possibile la separazione dei gameti, che mantengono la loro capacità riproduttiva, dal corpo umano che li ha generati nonché la possibilità per gli stessi di essere conservati e di circolare in modo autonomo. Ovviamente la circolazione dei gameti e la loro fusione in ambiente extrauterino ha ulteriormente posto il problema della simmetricità dei diritti da attribuire ai generanti; anche se, nel presente lavoro, non si intende affrontare il problema dei diritti dell’embrione e dei suoi generanti basti indicare che si ritiene di aderire a quella parte di giurisprudenza che ha avuto modo di affermare che “ fino a quando non vi sia stato il trasferimento dell’embrione nell’utero della donna con determinazione dell’inizio della gravidanza, i diritti fondamentali dei genitori biologici sull’embrione, che è frutto dell’unione dei rispettivi gameti, ed i diritti fondamentali alla libera autodeterminazione alla procreazione, devono essere valutati, garantiti e tutelati sullo stesso piano paritetico. E’ solo dopo il trasferimento dell’embrione nel corpo della donna e con l’insorgenza della gravidanza che il diritto alla maternità o meno della donna prevale decisamente sul diritto alla paternità dell’uomo. E tale valutazione trova preciso e puntuale riscontro nella legge 22 maggio 1978 n. 194 sull’interruzione volontaria della gravidanza nella quale, il diritto alla interruzione della gravidanza, nelle varie fasi e ricorrendo i presupposti è riconosciuto esclusivamente alla madre che ha libertà di autodeterminazione entro i limiti riconosciuti dalla legge”7. Anche in quest’ultimo angolo di visuale le conclusioni cui si è giunti sul piano interno appaiono perfettamente coerenti con il dettatto della Carta cui si fa riferimento come momento ultranazionale di valutazione delle norma. Invero l’art9 della Carta a proposito del diritto di costituire una famiglia che può essere legittimamente inteso come genus della species diritto di divenire genitori lascia alle legislazioni nazionali il compito di disciplinarne le modalità di realizzazione. Data tale norma è evidente che la scelta sul piano dei valori costituzionali della famiglia come società naturale ove si svolge la personalità dei figli consentiva e consente sul piano della legislazione primaria di stabilire che solo le coppie unite da relazioni stabili ( e cioè solo le coppie che danno vita alla società naturale) ove si svolge la personalità dei figli potessero accedere alla predetta tecnica medica al fine di divenire genitori. Sul punto, in conclusione, non appare che la norma ultra nazionale abbia in qualche modo inciso nell’ambito della scelta che il legislatore nazionale poteva operare circa il diritto di ricorrerre alla predetta tecnica medica. Tornando al piano nazionale sul punto si può affermare che la tutela attribuita alla procreazione si estende anche all’ulteriore modalità del suo concepimento che è la fecondazione medicalmente assistita. Invero si ritiene di collocare il diritto di procreare nell’ambito del libero svolgimento della personalità di ciascuno8 e si è detto che “il diritto di procreare, inteso originariamente come procreazione naturale, cioè mediante l’accoppiamento di sesso diverso, negli ultimi decenni con progresso medico-scientifico, alla possibilità biologica di avere discendenti si è aggiunta l’ulteriore possibilità della procreazione artificiale che può avvalersi di diverse tecniche riproduttive”9. Tuttavia lo si è già affermato e quest’ultima posizione trova conforto letterale nella norma positiva che si commenta, il diritto di procreare mediante ricorso alla fecondazione medicalmente assistita non può esser configurato come un modo di procreare che si aggiunge a quelli naturali e che come tale deve ricevere tutela dall’ordinamento, ma uno strumento medico che lo stato prevede come forma di risoluzione di problemi di sterilità di coppia rispetto al quale la coppia ha il diritto di ricevere dallo stato la relativa assistenza e la relativa erogazione. Diversa è la situazione quando ci si trovi di fronte al ricorso alla fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologa. Essa è vietata dall’ordinamento anche se la patologia prevista dalla norma fa emergere una soluzione di favore per la tutela del concepito nonché la figura di genitorialità c.d. sociale che si prova ad inquadrare nel presente lavoro. La genesi della soluzione normativa va certamente ricercata in un precedente del Giudice delle Leggi che in relazione ad una questione relativa alla legittimità costituzionale delle norme che prevedevano l’azione di disconoscimento della paternità ne ha dichiarato l’inammissibilità soffermandosi tuttavia su alcune considerazioni de jure condendo che hanno poi trovato puntuale trasfusione nella legge che si commenta. Per configurare esattamente la tematica in questione e la soluzione normativa trovata dalla legge in commento giova partire dalla vicenda portata alla cognizione del Trib. Cremona, 17 febbraio 1994, concernente la tematica dell’ammissibilità dell’azione di disconoscimento di paternità proposta dal marito che abbia preventivamente prestato il proprio consenso all’inseminazione artificiale eterologa della propria moglie10. Va detto da subito che la sentenza in commento ha trovato poi conferma in grado di appello 11 mentre è stata completamente cassata in sede di legittimità12. La soluzione da ultimo applicata dalla Corte di legittimità ha completamente escluso l’applicazione al caso concreto della norma sul disconoscimento della paternità partendo dal presupposto che essa norma si applica esclusivamente al rapporto adulterino della moglie che esula certamente dall’ipotesi in commento della fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo. Sulla specifica questione dell’ammissibilità dell’azione di disconoscimento sono rinvenibili in dottrina tre distinte posizioni che variano tra chi aderisce all’ammissibilità dell’azione di disconoscimento – aderendo alla soluzione adottata dal giudice di merito nella controversia sopra richiamata-13; chi pur ammettendo l’esperibilità dell’azione attribuisce rilevanza alla volontà del marito14 e chi, all’opposto, critica decisamente l’ammissibilità dell’azione di disconoscimento15. In questa direzione si collocano le considerazioni di chi ritiene che alla luce delle valutazioni che si possono compiere sull’acquisizione di status di figlio legittimo derivante dall’adozione che dà vita ad un rapporto di filiazione anche in assenza del vincolo biologico di procreazione – figura questa tutta incentrata sull’interesse del minore – non sembrava meritevole di tutela nel nostro ordinamento l’interesse del padre a pentirsi della propria decisione di accogliere un figlio nato grazie all’inseminazione artificiale della compagna.16 Da tale sostrato normativo è nata la scelta del legislatore di stabilire letteralmente l’inammissibilità dell’azione di disconoscimento della paternità qualora, da comportamenti concludenti, sia ricavabile il consenso del padre all’inseminazione artificiale della donna. Si tratta ora di stabilire quali sono le implicazioni di carattere normativo sotto il profilo della scelta legislativa anche in ordine agli interessi tutelati dal legislatore in relazione agli istituti coinvolti nonché l’emersione e la caratterizzazione della c.d. genitorialità sociale. Sulla necessità di escludere per via normativa espressa la possibilità per il presunto padre di esercitare l’azione di disconoscimento così da dissolvere gli effetti della sua scelta consapevole di acconsentire ad una fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo, la prima norma che soccorre è certamente l’art. 2 della Costituzione che rappresenta il paradigma fondamentale e l’espressione di un principio positivo vincolante nei rapporti interprivati all’interno dell’ordinamento: esso, invero, codifica un principio ancora anteriore a quello afferente al figlio e cioè lo staus personae quale “ valore primario ……(e) traduzione soggettiva di un valore obiettivamente tutelato, come tale non disponibile, codificabile o contestabile”17. L’uomo, invero, è in se stesso giuridicamente rilevante, quale sintesi di diritti e doveri fondamentali18. Species di tale genus è la categoria dell’interesse del minore – fondativa della positività dei diritti, appunto, del minore – che svolge una funzione valutativa nella selezione dei bisogni e delle esigenze minorili meritevoli di tutela giuridica. Tralasciando nella presente trattazione le tematiche attinenti al contratto a favore di terzo più precipuamente di stampo civilistico19 ovvero al suo inquadramento nell’ambito della ratio dell’art. 144 c.c quale componente dell’indirizzo della vita familiare20 ciò che importa ai nostri fini è proprio la scelta legislativa di ritenere giuridicamente rilevante la volontà del presunto padre ai fini ostativi della successiva azione di disconoscimento della paternità e la sua valenza con riferimento al fattore responsabilità e all’affidamento della partoriente nonché all’indisponibilità dello status di figlio legittimo ormai determinato. In realtà il problema che sembra porsi è certamente quello di stabilire se il foro interno del presunto padre ha legittimità a compiere una scelta sul piano dell’ordinamento posto che il ripensamento ad assumere la paternità o meglio il vittorioso disconoscimento di paternità legittimerebbe la nascita di un bambino senza padre sia biologico che sociale con la creazione dei c.d. figli della provetta. Certamente la scelta sul piano dell’ordinamento è quella di censurare l’atteggiamento “ondivago”21 del padre consenziente il quale diversamente opinando potrebbe determinare il fenomeno prima evidenziato. Tale scelta normativa sul piano dei rapporti all’interno della coppia va vista come riconoscimento dell’affidamento incolposo ingeneratosi nella partoriente in ordine alla serietà della determinazione in precedenza manifestata dal compagno22. Tale angolo di visuale prescinde in ogni caso dalla status del figlio nato attraverso la predetta tecnica di fecondazione atteso che quest’ultimo, infatti, sarà qualificato come figlio legittimo23 in ragione della preminenza del favor legittimatis che preclude la nascita di un ulteriore status filitionis24. Si intuisce quindi che per il fatto concreto che concerne ogni figlio nato all’interno di qualsiasi rapporto di coppia l’ordinamento, soprattutto alla luce del fatto che non si possono ritenere determinati le presunzioni di paternità previste dal codice civile atteso che esse valgono solo per i figli nati all’interno del matrimonio, ritiene preponderante e prevalente il criterio e il principio della responsabilità. Si era detto, invero, che non sembrava meritevole di tutela l’interesse del padre a pentirsi della scelta di avere un figlio tramite il ricorso alla fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo e ciò perché prevaleva l’interesse del minore a vedersi riconosciuto l’ormai acquisito status di figlio legittimo25 ma l’inquadramento di carattere dogmatico ha trovato una maggiore specificazione nel concetto di responsabilità atteso che le spiegazioni di tipo sistematico che fanno ricorso alle presunzioni di paternità previste nel codice concernono i soli figli nati all’interno del matrimonio26. Il concetto di responsabilità trova le sue basi in alcune considerazioni concernenti la indisponibilità dello status filiationis atteso che qualora si ammettesse il disconoscimento della paternità del fanciullo nato da inseminazione artificiale eterologa dovrebbe consentirsi che questi assuma lo status di figlio naturale – ovviamente riconoscibile – riguardo alla madre e in ordine alla figura paterna prenderebbe il mero status di “figlio della provetta” essendo altresì stabilito l’anonimato del donatore di gamete. Allo stesso modo deve affermarsi – così da riempire di significato giuridico la categoria della responsabilità – che esiste una sorta di parallelo tra la decisione di ricorrere all’inseminazione eterologa e il riconoscimento del figlio naturale nel senso che attraverso la veste della finzione giuridica27 le due fattispecie producono il medesimo effetto. In entrambe le ipotesi, invero, è determinante l’aspetto volontaristico28 che è previsto dalla norma in maniera tale da non ammettere alcun ravvedimento29 nel senso che la volontà manifestata dal padre è la consapevole e responsabile volontà di assumere l’ufficio della potestà genitoriale cui è connessa l’assunzione del nato dello status filiationis30. E’ evidente che nelle due ipotesi come già detto infrà la differenza consiste nella diversa derivazione biologica del nuovo nato così come è evidente che l’ordinamento ha previsto una specularità di effetti sotto il profilo della titolarità della potestà genitoria. Medesimo ragionamento và enucleato con riguardo alle ipotesi della fecondazione eterologa e quella dell’adozione sempre ovviamente con riguardo agli effetti scaturenti della manifestazione di volontà della persona che assume la titolarità dell’ufficio della potestà genitoria. Nel senso che la fictio iuris da cui deriva l’assunzione della potestà genitoria si fonda sul medesimo presupposto volontaristico consistente nella irrevocabilità della scelta consapevole e responsabile di assumere quel ruolo. Evidente quindi, sotto il profilo della tutela della personalità del singolo quella che è la funzione delle figure richiamate in ordine alla legittima aspettativa della coppia di procreare ovvero di assumere l’ufficio di potestà genitoria e, abbastanza evidente, è anche la soluzione normativa per le ipotesi di patologia giuridica in cui si sia contra ius fatto ricorso alla fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo. Altrettanto evidente appare altresì l’emersione della figura della genitorialità sociale quale categoria discendente dalla scelta consapevole e responsabile di assumere la potestà genitoria nell’ambito della tecnica riproduttiva di cui si discorre sia perché essa si fonda sul più volte richiamato principio di responsabilità sia su quello preminente dell’indisponibilità dello status filiationis. Alla luce delle considerazioni svolte, invero, non è sembrato e non sembra meritevole di tutela l’interesse del padre a pentirsi della propria decisione di accogliere un figlio nato grazie all’inseminazione eterologa della propria compagna; essendo rilevante che il suo sia stato un consenso informato e soprattutto essendo rilevante sotto il profilo sociale il suo comportamento nei confronti della madre e del figlio ciò nel senso che il suo impegno è stato determinante nel far nascere il figlio ed è naturale che da questo derivi la responsabilità del padre di comportarne le conseguenze e i doveri previsti dalla norma. Invero il principio di responsabilità porta a fondare la legittimità del figlio non sulla derivazione biologica ma su quella scelta consapevole del padre sui cui si fonda l’acquisizione dello status di figlio atteso che riguardato dal lato di quest’ultimo il fatto che egli non possa accertare la paternità naturale del donatore di gamete conforta e rafforza il suo diritto indisponibile di vedere riconosciuto dell’ordinamento e di avere come padre quello che – anche se solo con un atto di volontà – ne ha effettivamente determinato la nascita. E’ questa la fictio iuris su cui si fonda la paternità sociale così come sono quelle esposte le ragioni su cui si struttura la figura della richiamata genitorialità sociale. La circostanza da ultimo evidenziata consente, in questa sede, di considerare che il parallelismo instaurato tra le ipotesi richiamate al fine di fornire una giustificazione giuridica di tipo sistematico e sufficientemente aderente al sistema della soluzione normativa che si è stabilita per la patologia giuridica afferente alla fecondazione eterologa si fonda evidentemente solo sulla preminenza del principio della tutela del minore e su quello della scelta consapevole e responsabile del futuro genitore. Da ciò discende che il nostro ordinamento non poteva consentire la liceità della inseminazione eterologa posto che la soluzione normativa attiene alla mera patologia giuridica e tende alla tutela dello status filitionis mentre una apertura di liceità della fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo dovrebbe fondarsi sul diritto della coppia al ricorso a questa tecnica riproduttiva. Ma già all’inizio della presente trattazione si è detto che non esiste e non può esistere un diritto soggettivo al ricorso alla fecondazione medicalmente assistita essendo tale diritto inquadrabili nell’ambito dei diritti condizionabili e regolabili nella loro estensione dell’ordinamento il quale deve valutare le sue possibili espansioni in relazione ai principi fondamentali e alle norme di carattere primario che caratterizzano in particolare nel caso concreto gli istituti della potestà genitoria e quello della filiazione. Non esiste, invero, una norma da cui ricavare l’esistenza di un diritto di procreare sempre e comunque da parte della coppia dovendo tale diritto in relazione al ricorso alle tecniche riproduttive individuate dal progresso medico-scientifico essere coniugato con i principi valevoli nell’ambito degli istituti richiamati. Questi ultimi se consentono di affermare con sufficiente chiarezza che l’elemento volontaristico può determinare una paternità come forma di tutela che l’ordinamento prevede per il nuovo nato non altrettanto individua l’esistenza di una norma da cui ricavare un diritto insopprimibile a procreare che dovrebbe perciò stesso essere sempre realizzabile attraverso la mera dichiarazione di volontà. Opinando diversamente anche la procreazione con tutte le sue implicazioni etiche e morali finirebbe per rientrare a pieno titolo nella categoria dei negozi giuridici ( quanto ad una sua particolare forma di realizzazione) non appartenendo più alla sua categoria naturale. Le considerazioni ora svolte si inseriscono perfettamente nelle previsioni della Carta di Nizza cui tale lavoro in sede di premessa ha voluto fare riferimento. Invero, con riferimento alle previsioni di cui all’art. 9 della Carta di Nizza, nella quale si fa riferimento al diritto di ciascuno di formarsi una famiglia cui è evidentemente connessa l’aspirazione di procreare, nella richiamata Carta si fa espresso riferimento ai limiti delle regolamentazioni nazionali e, nel nostro angolo di visuale, si è cercata ed esposta una giustificazione dogmatica della scelta di vietare il ricorso alla fecondazione medicalmente assistita di tipo eterologo. Allo stesso modo la tutela del concepito e dei suoi diritti quale soggetto che ha acquisito un vero e proprio status filiationis sembrano perfettamente coerenti con le previsioni di cui all’art. 24 della Carta che prevede espressamente la tutela del minore, non solo nell’articolo richiamato, quale bene giuridico preminente appunto da salvaguardare. Le considerazioni ora svolte sembrano trovare una loro legittimità giuridica anche nelle norme ultranazionali atteso che i beni giuridici tutelati dalla Carta sono perfettamente identici a quelli evidenziati con riferimento alla normativa interna. Invero i principi della tutela del minore quale bene giuridico tutelato e quello relativo alla responsabilità della scelta, che presiedono alle scelte legislative in ordine allo status del concepito attraverso il ricorso alla fecondazione eterologa seppure vietata, si rinvengono quasi specularmene nella Carta di Nizza. Più volte nella presente trattazione si è fatto riferimento alla scelta di tutela del bambino quale bene giuridico preminente su altri aspetti dei diritti della personalità del singolo qualora questi interferiscano con il primo così come è stato più volte evidenziato il diritto del minore – espressamente garantito- di avere un rapporto con i due genitori qualora da questo non discendano conseguenze gravi per il medesimo. Ma decisivo nella considerazione delle scelte legislative nell’ambito interno sembra essere la prima alinea dell’art. 24 della Carta di Nizza che si apre con l’affermazione generale che i bambini hanno diritto alla protezione necessaria alla loro cura e al loro benessere e nel comma successivo afferma la preminenza, appunto, dell’interesse del bambino su qualsiasi altro diritto della personalità pure protetto. Nella direzione indicata dall’affermazione di principio contenuta nella norma è evidente la piena coerenza delle scelte del legislatore nazionale in ordine alla patologia giuridica derivante dal ricorso illecito alla fecondazione eterologa. In tale caso, invero, non solo il sistema delle norme sulla filiazione previste dal codice civile legittimano la scelta di far prevalere in ogni caso il diritto del minore di avere come genitori legittimi coloro i quali con i loro atti consapevoli hanno determinato la sua nascita, ma, altresì, l’affermazione paradigmatica della norma ultranzazionale tutta tesa nella direzione di protezione del benessere del minore, legittima, allo stesso modo del corpus normativo interno, la prevalenza del benessere del minore su qualsiasi altra scelta legislativa. Tale norma, tuttavia, legittima altresì sul piano della coerenza normativa anche le considerazioni che si sono svolte da ultimo circa la legittimità del divieto di fecondazione eterologa laddove, ovviamente, è prevalsa la considerazione circa gli interessi del concepito sull’aspirazione, pure, legittima dell’uomo di concepire sempre e comunque. Le considerazione giuridiche, invero, non possono e non debbono non considerare che la tecnica in questione è pur sempre una tecnica medica che pur dovendo favorire la realizzazione della personalità dell’uomo attraverso la possibilità di divenire genitori interferisce con i diritti – da garantire – di un nuovo soggetto il bambino (rectius: concepito) il quale per espressa previsione della Carta deve vedere garantito il suo benessere e la sua cura così come deve vedere garantito – salva l’ipotesi di dannosità del rapporto- il suo rapporto – appunto – con i genitori. Sembrano con ciò definitivamente fugati i dubbi e le incertezze relative alla legittimità delle scelte normative sia con riferimento alle disposizioni interne sia alle disposizioni della Carta di Nizza. Invero anche la norma ultra nazionale, ribadendo la preminenza dell’interesse del minore, legittima le scelte in ordine alla ricorribilità alla tecnica medica di cui si discorre atteso che la compromissione – del tutto eventuale – della legittima aspirazione dell’uomo di divenire genitore sempre e comunque – quindi anche attraverso il ricorso alla fecondazione eterologa, quella post mortem ovvero quella della donna single – si spiegano in funzione dei principi cardini dell’ordinamento ultra nazionale che codifica il diritto del minore al rapporto con i due genitori laddove l’indicazione due genitori piuttosto che genericamente genitori fa evidentemente riferimento alle tradizionali figure genitoriali di uomo e donna atteso che il riferimento a diversi tipi di famiglia apparire pleonastico. La norma, invece, si presta ad una lettura necessariamente incentrata sulla famiglia di tipo tradizionale formata dalla figura della madre e del padre. Atteso il dato di partenza e la preminenza dell’interesse del minore alla sua cura e al suo benessere ben si spiegano le limitazioni previste nella normazione interna circa la possibilità della sola coppia etero sessuale di fare ricorso alla fecondazione medicalmente assistita posto che una previsione concernente la fecondazione post morte, ovvero quella relativa alla fecondazione eterologa e, infine, quella relativa alla donna single, si porrebbero in contrasto proprio con i diritti del bambino garantiti e codificati nell’art. 24 della Carta. Note 1 Sulla categoria del diritto soggettivo vedasi la ampia letteratura presente nei trattati e nella manulatistica di diritto civile. 2 Sulla categoria dei diritti condizionati si vedano: A.M. Sandulli, Manuale di diritto Amministrativo, Padova, 1984; Cassarino, Le situazioni giuridiche e l’oggetto della giurisdizione amministrativa, Milano, 1956; Cassetta, Diritto soggettivo ed interesse legittimo: problemi della loro tutela giurisdizionale, in Riv. Trim. Dir. Pubblico, 1952; Acquarone, Contributo alla classificazione delle autorizzazione amministrative, Milano, 1962. 3 Cfr. Disposizioni in materia di procreazione medicalmente assistita, in Ferrando, Libertà, responsabilità e procreazione, Padova, 1999, 473 e ss.. 4 Cfr. Disposizioni ecc. , ult. Cit.; Corte Cost. 16 maggio 1994, n. 183, in Foro it., 1995,I, 3408, Gustatane, La procreazione con metodi artificiali, in Dir. Soc., 1996, 2, 186 ss.. 5 Cfr. Baldini – Cassano, Persona, biotecnologie e procreazione, IPSOA, 2002, pag. 10 e ss. 6 Cr. Trib. Ult. Cit., in Famiglia e diritto, 1999, 52, con nota di Dogliotti, Inseminazione artificiale “post mortem” e intervento del giudice di merito 7 Cfr. Trib. Bologna, 9 maggio 2000, in Baldini – Cassano, Persone ecc., IPSOA, 2002, cit.. 8 Cfr. infra nel medesimo paragrafo 9 Cfr. Trib. Bologna, ult. Cit. 10 Cfr., in Giur.it., I, 2, c. 995 e ss., con nota di G. Ferrando, Il “caso Cremona”: autonomia e responsabilità della procreazione. La medesima sentenza è in Nuova giur.civ. comm., 1994, 4, pp. 541-552, con commento di G. Ferrando, Procreazione artificiale, consenso del marito e disconoscimento della paternità, nonché in Corr. Giur. 1994, 5, pp. 631-633 con osservazioni di G. Sciancalepore, Assunzione volontaria della paternità e “diritto di ripensamento” 11 Cfr. App. Brescia, 10 maggio 1995, in Fam. E dir., 1996, 1, p. 34 e ss., e in Giur.it., I, 2, p. 48. 12 Cfr. Cass., 16 marzo 1999, n. 2315, in Corr. Giur., 1999, 4, p. 429 e ss., nonché in Giudia al diritto, 1999, 12, p. 48, con osservazioni critiche di A. Finocchiaro, La Cassazione non può svolgere una supplenza nelle funzioni riservate al legislatore. Sul medesimo argomento P. Schlensinger, Inseminazione eterologa: la cassazione esclude il disconoscimento di paternità, in Corr. Giur., 1999, 4, pp.401-403. La vicenda ha poi trovato una ulteriore eco nel caso del Tribunale di Napoli, 2 aprile 1997, in Dir. Fam. e pers., 1997, 4, p. 1279, con cui si è ritenuta non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 235 c.c. – per violazione degli artt. 2,3,29,30 e 31 Cost. – nella parte in cui non sarebbe preclusa l’azione di disconoscimento di paternità al marito che abbia preventivamente prestato il proprio consenso all’inseminazione artificiale eterologa della propria moglie. Sulla cui questione Cost., 22 settembre 1998, n. 347, in Corr. Giur., 1998, 11, p. 1294 e ss., annotata da V. Carbone, Disconoscimento di paternità e inseminazione eterologa: la Corte costituzionale non risolve il problema; Cfr., Cost., ult. Cit., in Fam e dir, 1998, 5, pp. 405 e ss. Con osservazioni di G. Sciancalepore, l’interesse del minore tra esercizi di formalismo giuridico e legalità costituzionale. 13 Cfr. V. Sgroi, Disconoscimento di paternità, in Enc. Dir., XIII, Milano, 1954, G. Ponzanelli, La” forza” e la “purezza” degli “status”: disconoscimento di paternità e inseminazione eterologa, in Fa, e dir., 1994, p. 186 14 Cfr. F. Santosuosso, La fecondazione artificiale umana, Milano, 1984; T. Auletta, Fecondazione artificiale. Problemi e prospettive, in Quadr., 1986, pag.1. A. Guarnirei, Consenso preventivo del marito all’inseminazione artificiale eterologa della moglie e successivo esperimento dell’azione di disconoscimento della paternità, in Resp. Civ., 1988, pag. 9; L. Lenti, La procreazione artificiale. Menoma della persona e attribuzione della paternità, Padova, 1993, pag. 301. 15 Cfr. A. Trabucchi, Fecondazione artificiale e legittimità dei figli, in Foro it., 1956, I, c. 1212; C.M. Bianca, Diritto Civile. Famiglia e successioni, II, Milano, 1985, pag. 284; M. Dogliotti, Ancora sulla inseminazione eterologa e sull’azione di disconoscimento, in Dir. Fam. e pers., 1997, pag. 783. 16 Cfr. Gilda Ferrando, Il caso Cremona: autonomia e responsabilità nella procreazione, in Giur.it, 1994, I, 2, 995 e ss. Cit. 17 Cfr. Procreazione assistita commento alla legge 19 febbraio 2004, n. 40 a cura di Pasquale Stanzione e Giovanni Sciancalepore, Milano, 2004 18 Cfr. P. Perlingieri, Il diritto civile nella legalità costituzionale, Napoli, 1991, pag. 277. 19 Su cui si è detto che la strada della volontà negoziale porterebbe al sindacato del relativo regolamento di interessi secondo lo dell’art. 1372 c.c. Nel senso che i paciscenti potrebbero non solo deliberare l’opportunità del ricorso all’inseminazione artificiale eterologa, ma condizionarne l’efficcacia dello stesso a determinati eventi :cfr. Procreazione assistita, ult. cit. Da una lettura ovviamente generalissima si intuisce la vacuità di simili impostazioni del problema. 20 Cfr. P. Schlesinger, Inseminazione eterologa, cit., pag. 403 nonché su specifici aspetti U. Ruffolo, Commenti civilistici, in AA.VV., Un bambino non voluto è un danno risarcibile? a cura di A. D’Angelo, Milano, 1999, pp. 91 e 92 21 L’espressione è usata dalla Corte di legittimità nella nota sentenza 16 marzo 1999, n. 2315, cit.. 22 D’altra parte la lesione della legittima aspettativa della donna in caso di ripensamento del compagno è stato oggetto di valutazione in dottrina sotto il profilo del danno inquadrato nella categoria dell’illecito aquiliano. A. Guarnirei, Consenso preventivo del marito all’inseminazione artificiale eterologa della moglie e successivo esperimento dell’azione di disconoscimento di paternità: un’ipotesi di responsabilità civile? , in Resp. Civ. prev., 1988, pag. 9 e ss.. 23 Cfr. Cossu, Filiazione legittima, in Riv. Dir. Civ. , 1995, II, pag. 177 e ss. Per la ricostruzione della paternità, in ipotesi di inseminazione artificiale eterologa, si rinvia a F.M. Cirillo, la fecondazione artificiale eterologa ed il rapporto di paternità, nella filiazione legittima ed in quella naturale, in Riv. Dir. Civ., 1996, II, pag. 661 e ss. 24 Cfr., Procreazione assistita, ult. cit. 25 Sul punto si era argomentato in dottrina che lo sfavore era maggiormente evidenziato dai casi concreti in cui la questione si era posta atteso che la ragione fondante di tale situazione era stata la crisi del rapporto coniugale di guisa che era necessario impedire che situazioni di conflitto all’interno della coppia potessero riverberare i loro effetti sullo status di figlio legittimo. 26 Cfr. , Procreazione assistita, ult.. cit., Nella stessa direzione del testo P. Schlesinger, Inseminazione eterologa, cit., pag. 403. 27 Categoria questa che ricorre anche nell’ipotesi dell’adozione che produce gli effetti della filiazione attraverso una fictio iuris. 28 In argomento si veda V. Pietrobon, Riconoscimento del figlio naturale e incapacità di intendere e volere, in Riv. Dir. Civ., 1996, pag. 466 e ss., nonchè C.Salvi, L’errore nell’accertamento della filiazione naturale, in Riv. Tri. Dir.proc.civ., 1952, pag. 22 e ss. 29 Arg. ex art. 256, comma 1, c.c. laddove è statuito che il riconoscimento è irrevocabile ed è chiaro che la soluzione normativa prescelta nel caso della fecondazione eterologa appare essere quella più convincente sotto il profilo della c.d. responsabilità della scelta in relazione all’indisponibiltà dell’acquisizione dello status filiationis. E’ tuttavia evidente la disomogeneità delle situazione prese in considerazione atto il profilo del legame biologico del padre che esprime la volontà essendoci, nel caso del riconoscimento del figlio naturale, la derivazione biologica del nuovo nato. 30 Che ovviamente sarà di figlio legittimo o naturale a seconda della circostanza che sia nato all’interno o meno del matrimonio.

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