martedì 15 novembre 2011

SABATO SERA SONO ANDATO A CASA DI LUCA

C’è una datata “canzonetta” di Silvia Salemi che inizia un po’ così: anni questi anni passati così... aridi, sterili, vuoti, è l'era delle immagini...
ci ha rubato il cuore, l'inventiva, le idee, le parole……. questa è un'era subdola
che ti inchioda il cuore e la vita ad un televisore. Era il 1997 poco dopo la “discesa in campo” eravamo nella piena erezione del Berlusconismo edizione riveduta e corretta dell’insostenibile leggerezza dell’essere, dei nuovi yiuppies. Prima mossa a favore della Libertà e del suo “Popolo” il decreto Biondi e la modifica dell’abuso d’ufficio divenuto un reato a cosiddetta prova diabolica. Insomma i primi anni della Seconda Repubblica dominata dai sondaggi dal Boscevico atteggiamento di ripetere ossessivamente affermazioni false che d’incanto divenivano verità politiche quindi soggette a chi è a favore e chi è contario. Ma la discesa in campo non ha mai visto una risalita dallo stesso. Tutta la vita pubblica è restata una partita e noi italiani sugli spalti abbiamo fatto la nostra parte. “Vedi che Berlusconi ha fatto questo” e “siccome Prodi”, i comunisti con il maglione di cashmere e i nuovi del celodurismo hanno fatto il resto. Tutto è sempre stato uno scontro di propaganda in cui il problema o la scelta politica sono rimaste sul fondo quasi impalpabili. E’ stato così che in una sorta di continuità Prodi ha abolito l’Ici e B. ha abolito l’ICI, il Popolo della Libertà ha negato l’autorizzazione d’arresto per Cosentino e il Partito Democratico ha negato l’autorizzazione d’arresto per Tedesco. B. ha modificato enne volte leggi relative a reati di cui era imputato – ovvero norme processuali utili a bloccare il processo – e D’Alema ha modificato la Forleo ovvero la Lega, tanto cara a Tallini, ha reso di fatto non punibili le camicie verdi organizzate. In questa era subdola che ti inchioda il cuore e la vita ad un televisore siamo passati da milioni di posti di lavoro al tricolore come carta igienica a Sara, Yara alla Guerra tra Procure senza soluzione di continuità, immersi in una mistificazione e in una propaganda che hanno unificato tutto allo stesso livello in modo che non vi fosse a monte ( ogni riferimento a fatti e persone è puramente casuale) una distinzione etica o oggettuale dei fatti e delle cose. I fatti, quelli sì, sono del tutto spariti, obliterati dalle urla di chi riteneva che fossero colpa di Prodi o di Berlusconi. Questo ha aperto la strada ai neutrini della Gelmini splendido avvocato del Foro di Reggio Calabria anche se dimorata per l’occasione a Brescia così come ad un puntale inglese di La Russa che ha avuto modo di precisare che in inglese se si dice if. Già prima delle gaffes di B. in campo internazionale i quivis si accorgevano che era diminuita la liquidità e che era diminuita la possibilità di accesso al credito con il connesso avvitamento del mercato interno per cui se tutti spendiamo meno tutti lavoriamo meno e guadagniamo meno. Ma l’erezione del Berlusconismo non si è fermata qui alla quasi naturale distanza tra questa classe dirigente e la vita quotidiana delle persone silenziose (intese non VIPS) quest’ultime alle prese con le scadenze e i figli che premono per i consumi e quelli con i voli di stato per i Gran Premi (Mastella) o le partite di Calcio (La Russa), l’era del celodurismo è esplosa fortemente proprio in quest’ultima fase di fine impero. Chi non ricorda B. in campagna elettorale, l’ultima, abbracciare Dell’Utri e ripetere che anche per lui Mangano era un eroe, chi non fa caso a Letta (quello B) dire che i sondaggi sono tutti per la soluzione tecnica quasi a segnare una continuità con i sondaggi di B. Perché affermare chiaramente che Mangano per B. e Dell’Utri è stato un eroe è stato certamente un tipico esempio di celodurismo, lo affermo chiaramente senza iprocrisie e nascondimenti. Ma il celodurismo ha trovato la sua apoteosi con il povero Mubarak Zio a sua insaputa di una amica di B. che si trovava implicata in un caso da incidente diplomatico. Lo ha spiegato con dovizia di argomenti tecnici e politici l’ottimo difensore di Unabomber l’avvocato Paniz, il quale , allo stesso modo, il giorno del voto dei famosi 308 ( a fronte dei 321 astenuti), ha dichiarato in modo pleonastico che quel voto era giuridicamente irrilevante………..infatti è caduto il Governo. Sempre a quel Televisore ci hanno spiegato che, come fanno molti avvocati nei casi disperati, avevano fatto un decreto legge in materia regionale per salvare la lista a sostegno della Polverini, solo che gli avvocati e le parti consapevolmente in qui casi prendono una dura condanna alle spese mentre loro lo hanno fatto con soldi pubblici. In campo ci sono stati anche il grande Bertolaso sempre con la maglia dell’Italia, come Gattuso, a parte i casi in cui aveva il mal di schiena. Mai si era visto, in tanti anni di storia Repubblicana, un “giuramento del patto per la libertà” fatto anche dal nostro Presidente Scopelliti nelle mani di un uomo diverso dal Presidente della Repubblica e non sulla Costituzione ma su un contratto stavolta non sottoscritto con gli italiani. Né tantomeno si era mai visto e sentito un Presidente del Consiglio che delegittima le istituzione parlamentari seppure in Televisione. Insomma anche se non politicamente corretto io sabato sera ho festeggiato nella speranza ad esempio che non vi siano più dubbi che Giovanni Falcone, Giorgio Ambrosoli, Paolo Borsellino, Emanuela Loi, il milite ignoto sono eroi mentre Mangano era un criminale. E dopo avere esultato sono andato a casa di Luca perché la sera a casa di luca torniamo a parlare
ma la sera a casa di luca che musica c'è
si discute a casa di luca e non sai quanto vale
sembra niente e invece è importante..ci devi venire
dal balcone a casa di luca si vede anche il mare
e parte una canzone...che bella dimensione, ancora
possiamo ritrovare...........tu riri, tu riri, tu ririri....


Francesco Siciliano

giovedì 3 marzo 2011

CHIU' PILA PE TUTTI

Assistiamo ormai da qualche tempo ad un dibattito politico incentrato esclusivamente sulla strategia difensiva del Presidente del Consiglio rispetto al rinvio a giudizio per i reati di concussione e prostituzione minorile e, nella logica della ormai nota provocatio ad populum praticata costantemente dal gruppo dirigente del Popolo della Libertà Responsabile, ogni giorno si attua la strategia difensiva del Presidente attraverso il richiamo al popolo. Il popolo è infatti costantemente avvertito della “persecuzione giudiziaria” ai danni di Berlusconi attuata dai magistrati che, privi di investitura popolare, perseguono il disegno di sovvertire il risultato delle urne. In definitiva il messaggio chiaro che non solo il Presidente (legittimato alla sua difesa rispetto alle imputazioni che gli vengono contestate) ma anche i dirigenti del suo partito denunciano al popolo è che quest’ultimo è l’unico vero giudice di Berlusconi poiché la sua elezione e la sua rielezione rendono unitiliter data ogni eventuale indagine o sentenza di colpevolezza penale. Bene ha fatto il Primo Presidente della Corte di Cassazione(nel discorso di apertura dell’anno giudiziario), prima, e il Presidente della Camera poi, a ricordare che anche la sovranità del popolo è esercitata nelle forme e nei limiti della Costituzione quasi a ribadire, ammesso che ve ne fosse bisogno, che il popolo (inteso come maggioranza) non può considerarsi al di sopra della legge, in funzione della sua volontà maggioritaria, e, ad esempio, sovvertire un potere dello Stato. Così come, è bene ricordarlo, la giurisdizione è esercitata nelle forme prevista dalla Costituzione e l’esercizio dell’azione penale, quando ve ne siano i presupposti ( notizia di reato e prove di colpevolezza da vagliare all’interno di un dibattimento), non persegue alcun fine politico, se così fosse bisognerebbe denunciare e perseguire chi esercita l’azione penale a fini di sovvertimento delle istituzioni democratiche per i reati previsti dalle leggi dello Stato quantunque si tratti di Magistrati. Ma di ciò non vi è traccia, c’è solo il messaggio ripetuto e ossessivo al popolo che l’esercizio dell’azione penale persegue in concreto tale ipotesi, ripetuto in ogni trasmissione televisiva. Ad esempio lo scalpitante Ministro La Russa ha espresso il concetto in più incontri televisivi così come l’On. Cicchitto che lo ha ribadito anche nell’incontro di Cosenza richiamato a Ballarò nel resoconto della settimana politica. Il popolo, tuttavia, nella sua organizzazione statuale non solo esprime la sua volontà politica ma si organizza ed elegge i suoi rappresentanti affinchè nell’azione di governo siano attuati processi di sviluppo politico nella direzione più soddisfacente dei bisogni della maggioranza. In questa direzione viene da chiedersi se in questo momento di profonda crisi economica che colpisce in maggior misura la classe media ormai sempre più da intendere come working poor ( inteso il concetto di povertà come povertà relativa), i voleri che la classe media ha inteso affidare alla maggioranza di governo siano quelli di stratificare sempre di più la società attraverso il discrimine del denaro. Cerco di spiegare meglio il concetto. La Prima Repubblica disegnata dalla Costituzione, da studi sociologici di riconosciuto livello scientifico (vedi Pasquino in Polis, sulla mobilità di classe in italia dal fascimo alla Repubblica), riconosceva all’istruzione il ruolo di canale fondamentale nella mobilità sociale ciò nel senso che grazie a quel canale, in Italia, vi è stato il cambio di classe di molti figli del desueto proletariato e della classe media verso la piccola e media borghesia; ciò proprio attraverso il titolo di studio e le connesse possibilità lavorative ed economiche. Così come la precostituzione del giudice naturale e la affermata uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge ha, nel tempo, consentito ai quivis di, quantomeno provare, e a volte riuscire, reclamare i propri diritti anche nei confronti del contraente forte ( è il caso ad esempio di reclami contro grandi produttori di automobili per difetti o altro). Coerente a tale impostazione è stata ad esempio l’emanazione del codice del consumo che in deroga a tutti quei formulari che spesso ci vengono fatti firmare da Banche, Assicurazioni, Compagnie Telefoniche o Automobilistiche, ha stabilito che il Tribunale competente non può essere quello di residenza del contraente forte ( che ciò prevede nei moduli o formulari e che ovviamente ha i mezzi economici per sostenere i giudizi) ma quello del consumatore che in passato per difendersi doveva anche sostenere il costo di un legale a Milano piuttosto che a Roma o altro. Insomma un federalismo rectius: decentramento della giustizia con avversario un grande gruppo o grande produttore. Allo stesso modo l’intervento dello Stato nella scuola e nelle Università Pubbliche, seppure abbia potuto creare sacche di baronie o sperperi, dal lato del cittadino, soprattutto il meno abbiente, ha garantito quel canale di miglioramento che ha rappresentato la storie dell’evoluzione sociale graduale dell’italiano medio. Il Governo della Libertà che gode, a sentire i maggiorenti del Partito, del sostegno degli italiani ha, di contro attuato, una controriforma del concetto di uguaglianza di possibilità per i cittadini elevando il livello economico proprio e familiare a discrimine delle possibilità di accesso ai canali di miglioramento economico e sociale. Nella scuola, ad esempio, il Ministro Gelmini con il c.d. dimensionamento scolastico e il Maestro unico ha di fatto ridotto l’offerta formativa da 30 ore settimanali a 24 ore settimanali generando sempre più il ricorso a corsi supplementari e, soprattutto, a costi aggiuntivi per le famiglie che quotidianamente hanno necessità di ricorrere alla c.d. accoglienza pre e post orario scolastico, così come nelle Università la sacrosanta valorizzazione di Università di eccellenza non accompagnata da sostegno economico alle Università pubbliche renderà di fatto più oneroso il percorso universitario medio così che il discrimine per giungere alle professioni non sarà il merito o la perseveranza quanto il livello economico delle famiglie che, unito alla necessità di iscritti per le Università, si risolverà in una netta separazione tra Università private super qualificanti e Università Pubbliche. Nell’ambito della giustizia giusta (il c.d. giusto processo) il Ministro Alfano ha di fatto rottamato il processo civile attraverso l’introduzione della mediazione obbligatoria civile che si risolve non in un puro e semplice strumento deflattivo erga omnes quanto in uno strumento deflattivo in funzione della capacità di spesa della parte che vuole reclamare un diritto in causa. In altri termini la mediazione civile obbligatoria crea per il cittadino che voglia riconosciuto il suo diritto al risarcimento del danno per le infiltrazioni di acqua nella sua casa la necessità di passare attraverso l’organismo della mediazione con un costo medio di mille euro( da precisare che il credito d’imposta che ottiene è sempre in misura minore della spesa) in modo che per iniziare un giudizio civile il workin poor ( il cittadino cioè che ha difficoltà ad affrontare una spesa mensile imprevista di €. 2.000) deve spendere mediamente tremila euro. L’effetto sarà, ovviamente, quello che la deflazione per i processi civili non riguarderà il tipo di giudizio da intentare ma sarà determinata dalla capacità economica del soggetto che ha avuto leso un diritto. In definitiva se è vero che gran parte degli italiani sono da annoverare tra la classe media, il popolo cui si rivolge sempre il Partito del Popolo delle Libertà, deve credere nella persecuzione giudiziaria di Berlusconi e avere necessariamente chiesto al suo governo di stratificare le possibilità dell’italiano medio attraverso il suo livello economico altrimenti vi è stato necessariamente qualcuno che ha mentito ovvero non ha capito. In questo scenario, proprio non sorprendente viste anche le chiare differenze di incassi tra Nord e Sud nel decreto milleproroghe, credo proprio che il nuovo slogan elettorale della prossima campagna elettorale debba essere CHIU’ PILA PE TUTTI, ma qualcuno questo lo persegue da tempo solo che non per tutti.

Francesco Siciliano

giovedì 27 gennaio 2011

LA PROVOCATIO AD POPULUM. MA GIANFRANCO NON AVER PAURA……………………

Tra le tante bellissime canzoni di Francesco De Gregori c’è ne è una che recita nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore non è da questi particolari che si giudica un giocatore, un giocatore si vede dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia. Sarebbe forse il caso che il Presidente Fini riascoltasse La leva calcistica del 68 dedicata a Bruno Conti, minuta ala destra, diventata Campione del Mondo nell’82, forse anche per il suo coraggio, per l’altruismo e per la fantasia. Il calcio di rigore ormai è stato sbagliato, non so se è finito sul palo o fuori o addirittura è stato tirato in bocca al portiere, certo è che è stato sbagliato, ma il giocatore non può perdere il coraggio e la fantasia perché la lotta è impari e solo queste doti elevano il giocatore. Fuori dalla metafora, raggiunta la maggioranza(?) alla Camera dei Deputati, grazie al salvifico apporto del voto del Presidente Berlusconi, oltre che di quello dei noti “responsabili” Scilipoti & Co., tutto sembra d’incanto tornato al suo posto: il Ministro Avv. Maria Stella Gelmini, esperta di problematiche attinenti alla professione forense in Italia, anticonformista nell’emigrazione intellettuale, ha definito falsità alcune argomentazioni giuridiche del Prof. Rodotà che, purtroppo docente a La Sapienza e non a Brescia, stava argomentando sul legittimo impedimento ex lege inquadrandolo nella categoria delle immunità. Certo Rodotà nella dottrina giuridica è maggiormente noto per alcuni saggi sulla figura dell’espromissione e dell’accollo, essendo docente di diritto civile, oltre che altri sui diritti civili ma nessuno può dubitare della sua altissima competenza scientifica relegata dal Ministro nella categoria del comunista antiberlusconiano. Uno dei grandi mali di questi anni 80bis è stato ed è certamente quello della mistificazione dei fatti e dei ruoli: in altri termini tutto è divenuto contrapposizione politica per cui anche un ragionamento strettamente tecnico sulle prerogative del Presidente del Consiglio nel quadro dell’impalcatura Costituzionale non viene mai affrontato ed, eventualmente, confutato attraverso un contrapposto argomentare tecnico giuridico, ma attraverso le categorie del comunista e antiberlusconiano. Spiace che ciò possa accadere da parte di chi è laureata in legge perché, a parte l’ovvia disparità scientifica tra un laureato e una nota dottrina giuridica ( mi riferisco a Rodotà), da una persona del settore ci si aspetterebbe una discussione giuridica o, comunque, rispettosa degli argomentati giuridici posti. Ma questi anni 80bis sono gli anni caratterizzati da uno scontro simbolicamente molto nefasto tra il leaderismo carismatico Presidente del Consiglio e gli altri poteri dello Stato: il Presidente , infatti, basandosi sugli italiani che sono con lui il Presidente dell’esecutivo attacca quotidianamente l’ordine giudiziario, così come, la Corte Costituzionale che dovrebbe essere il luogo asettico e impenetrabile dove le migliori menti giuridiche valutano della costituzionalità delle leggi e, nel rispetto del principio di uguaglianza, anche delle leggi che se cassate possono avere ripercussioni sul quadro politico. Ma di questi anni 80bis resterà certamente scolpito nella memoria un nuovo capolavoro giuridico che è la riviviscenza, seppure in una edizione riveduta e corretta, di un istituto del diritto romano denominato PROVOCATIO AD POPULUM. La provocatio ad populum è un istituto del diritto pubblico romano, introdotto dalla Lex Valeria de provocatione del 509 a.C. (rogata dal console Publio Valerio Publicola) ed applicato in particolare nel periodo repubblicano. La misura fu in una prima fase applicabile solo per condannati a morte della classe patrizia. Successivamente furono ammessi anche i plebei. Del resto la composizione dei comizi centuriati che vedeva una forte sperequazione censitaria delle attribuzioni delle centurie tra le cinque classi ed il sistema di votazione che vedeva chiamate al voto le centurie a partire dalla prima classe, rendeva la provocatio ad popolum come strumento in mano alle classi privilegiate. In altre parole nella Roma Antica, innanzitutto i patrizi, avevano il diritto di sottrarsi e/o ribaltare le decisioni dei magistrati attraverso il ricorso al popolo. In questi anni 80bis infatti, contro le inchieste e i processi della magistratura, si è assistito costantemente al giuramento di innocenza di indagati notabili ( cosa legittima ma priva di valore giuridico) ma soprattutto, si è sempre sentito l’argomento del valore della scelta del popolo rispetto all’esercizio della giurisdizione. In altri termini, si è detto che la scelta del popolo di eleggere i propri rappresentanti dovesse essere un valore giuridico in grado di sovvertire e/o impedire l’esercizio dell’azione penale. In questo desolante quadro il principio di legalità dell’azione amministrativa previsto in Costituzione ( e si badi bene che per pubblica amministrazione si intendono anche gli organi politici che della pubblica amministrazione quali legislatori, amministratori, ministri ecc.), spesso richiamato ed invocato finalmente anche dal Presidente Fini e da Futuro e Libertà ha riscaldato i cuori di tutti quelli che in qualche modo ritengono che la legalità sia una precondizione di uno stato democratico. E’ ovvio che la battaglia è impari poiché impari sono i mezzi a disposizione. E’ altrettanto ovvio che in un sistema che ha di fatto sostituito la democrazia acefala in cui vi sono al massimo un primus inter pares, in una democrazia leaderistica in cui il leader ha, simbolicamente, licenza di prevalere e prevaricare ogni pares, la battaglia assomiglia a davide contro golia, ma in un tessuto sociale ormai eroso dal cancro del successo ad ogni costo, abbiamo bisogno di figure sobrie e di quivis de populo che si richiamano al concetto di legalità. C’è grande necessità dell’uomo qualunque che arriva al successo vivendo nelle regole e di figure apicali che fanno del richiamo alla legalità il loro compito quotidiano. Per un po’ in questo cammino si è sentito il richiamo del Presidente della Camera il quale tra titoli di prima pagina e l’errore dal dischetto è sembrato rientrare nella logica della politica tattica. Io credo sia necessario riavere richiami costanti alla legalità e mi viene da dire nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore …..un giocatore si vede dal coraggio dall’altruismo e dalla fantasia, infatti, Bruno è volato via sulla destra, ha percorso, senza paura, tutto il campo è ha dato ad Altobelli, appena entrato, la palla per entrare nella storia del Mondiale 82…………un giocatore si vede dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia.

TU QUOQUE BRUTE FILI MI!

A proposito del compagno Fini e dintorni

L’accusa, per il Presidente della Camera, di essere diventato il compagno Fini è cominciata quando vi furono i primi distinguo su molti temi. Consumato lo strappo il compagno Fini è divenuto più semplicemente un congiurato e, a detta del Ministro Bondi, il figlio ingrato che si accanisce anch’egli con il coltello ( il riferimento è a Bruto presunto figlio di Cesare). L’ultima accusa si basa soprattutto su uno degli stracci che maggiormente vola su in questo periodo: l’On. Silvio Berlusconi ha sdoganato una parte di destra che mai, in assenza di Berlusconi, sarebbe potuta entrare nell’alveo dei partiti di stato e di governo, solo che lungo il cammino quella destra è divenuta comunista o forse peggio catto-comunista. Di tradimento avevano già parlato i colonnelli e di tradimento ha parlato anche Donna Assunta figura che, per quelli che appartengono all’area, ha grande significato. Insomma il Presidente Fini è divenuto per alcuni comunista, traditore, congiurato mentre per altri è rinsavito, fa tatticismi o peggio giochi da prima Repubblica. Sullo sfondo, ormai, Montecarlo o vicende intranee all’Egitto, la partita si è spostata sulle reciproche accuse e sull’ultimo colpo di scena: il possibile scioglimento della sola Camera dei Deputati. In questo groviglio che sarebbe molto più semplicemente definibile crisi politica della coalizione che ha vinto le elezioni, ognuno porta il suo contributo, il primo è di stampo elettoralistico : quanto peserà sull’elettorato di area il presunto atteggiamento di cortigiano di Fini, il suo tradimento della storia del MSI, il suo “comunismo” ( anche sulle pagine del Quotidiano nella rubrica di prima pagina si invitava Fini a dire qualcosa di destra) l’altra è la posizione di una questione costituzionale assolutamente inedita, forse, quasi, non immaginata, almeno in questa prospettiva dai Padri Costituenti. Sul tradimento mi sovviene una piccola pagina di storia che forse aiuta a capire che in realtà di tradimento, se il termine è consentito, si sarebbe dovuto parlare molto tempo fà. Spulciando negli archivi della rete può leggersi « Guai a lasciare ai sovversivi il monopolio della lotta al fascismo! Non solo si rischia che al momento dell'inevitabile crisi non vi siano di pronti che loro, ma si finisce col lasciar identificare nell'opinione pubblica antifascismo con comunismo, col risultato che chiunque ha interessi da difendere preferisce in ultima analisi rassegnarsi al fascismo. » . Questo è un testo rinvenibile in un bollettino quindicinale edito da un’associazione clandestina antifascista italiana, dal nome ALLEANZA NAZIONALE fondata dal poeta Lauro De Bosis nel 1930 (all’associazione aderirono tra gli altri Benedetto Croce e Umberto Zanotti Bianco; De Bosis, stesso fù poi protagonista di un episodio spettacolare in cui trovò la morte mentre altri furono incarcerati dal regime fascista) e tale richiamo evocativo della scelta di Fiuggi nonché i continui richiami a Benedetto Croce rappresentano forse un strappo e un “tradimento” maggiore di Fini rispetto alla sua area e alla storia di MSI. Insomma se di tradimento si tratta questo c’è stato nel momento in cui ci si è richiamati ad un’associazione clandestina di destra che voleva porsi a destra tra gli antifascisti. Fatte le dovute distinzioni storiche forse oggi i “Futuristi” si preoccupano di non lasciare agli antiberlusconiani della prima ora l’equazione antiberlusconiani-alternativa ponendo nell’opinione pubblica un dopo anche a destra. Questo argomento, però, ha un peso specifico anche sulla congiura e su TU QUOQUE BRUTE FILI MI, poiché, lo sdoganamento passa dalla scelta antifascista di Fiuggi mentre il governo dalla sola alleanza elettorale. Leggendo il Prof. Angelo Panebianco sul Corriere della Sera ho scoperto, mio malgrado, di essere, insieme ad altri a loro insaputa, un sostenitore della democrazia acefala che si contrappone al modello della democrazia leaderistica (modello evidentemente preferito dal Prof. nel fondo citato) e, in definitiva, a me pare che in realtà Fini non tradisca alcunchè ma si confermi nella scelta della democrazia acefala che andrebbe più tecnicamente definita democrazia parlamentare che è concetto statuale diverso dalla democrazia leaderistica in cui, evidentemente, i poteri sono maggiormente concentrati nel leader. Allo stesso modo, confesso di non essere un esperto, non mi è mai parso che Fini o i suoi abbiano mai detto cose di sinistra. La legalità non può certo dirsi un concetto non intrinseco alla destra liberale e costituzionale se è vero come è vero che lo Stato liberale seguito alla Rivoluzione Francese era uno stato basato sul diritto, sulla costituzione e sulla divisione dei poteri, tutti temi alla base dei distinguo degli ultimi mesi. Non bastasse il groviglio intricatissimo di tradimenti e riposizionamenti è arrivata l’ultima rivoluzione costituzionale degli ultimi anni. Dopo la decretazione d’urgenza contra legem, dopo la reiterazione di provvedimenti cassati dalla Corte Costituzionale, è arrivata l’ipotesi dello scioglimento di una sola Camera, cui è evidentemente non è connessa, almeno nelle intenzioni sensazionalistiche di chi la propone, la crisi di governo. Sul punto da giurista per caso va detto che se si dovesse definire il potere di scioglimento delle Camere da parte del Presidente della Repubblica (potere a cui è connessa una posizione centrale e di garanzia del Presidente rispetto al rapporto fiduciario tra Governo e Parlamento tanto che esso è previsto da un diverso e unico articolo – 88- rispetto a quello che prevede tutte gli altri poteri) esso è esclusivamente teso ad una “funzione di risoluzione di una crisi non altrimenti superabile del rapporto fiduciario” da ciò discende che a nulla rileva l’eventuale fiducia in un ramo del Parlamento posto che in un sistema bicamerale basta la mancanza di fiducia di una sola Camera per evidenziare una crisi del rapporto fiduciario tra Parlamento e Governo. Il caso ha un precedente seppure in un diverso regime normativo nello scioglimento del Senato del 1953 (Cfr. Guarino Lo scioglimento del Senato, FI, 1953, IV, 91 s.) che, tuttavia, si inquadra in un regime normativo che già di partenza prevedeva una diversa durata tra le due camere e, soprattutto, coincideva, in quel momento con la scadenza del mandato della camera giunta alla fine della legislatura. A sentire il Pres. Emerito della Corte Costituzionale Alberto Capotosti, insomma, l’ipotesi, tra l’altro di scuola, è solo quella di una impossibilità di funzionamento della Camera che, tuttavia, è cosa diversa dal problema del rapporto fiduciario con buona pace di chi ha evocato tale possibilità. In definitiva ciò che conta è la rottura del rapporto fiduciario tra il governo e la sua maggioranza a prescindere dalla contingenza dei numeri. Crisi di governo, quindi, con l’emersione anche di qualche nuovo leader come ad esempio Bocchino ma quello di Fli.

Francesco Siciliano

PENSIERI DI MEZZA ESTATE

Pensieri di mezza estate


Nei mesi trascorsi l’impegno civile ha portato molti come me, giuristi per caso, ad occuparsi di un lento processo di disgregazione delle regole costituzionali che la maggioranza governativa ha via via tentato di attuare attraverso lo strumento della legge ordinaria. Primo momento di passaggio di questo viatico è stato il c.d. decreto salva liste, materia di competenza regionale, regolata medio tempore (secondo le regole del decreto legge) da un provvedimento dell’esecutivo emanato nel settore elettorale pur se la legge regolatrice della decretazione d’urgenza governativa espressamente esclude proprio la materia elettorale. Altro punto nodale dello svuotamento per legge ordinaria delle garanzie costituzionali è il tentativo ancora potenzialmente in atto di limitare il potere di indagine della magistratura e il diritto all’informazione (attivo e passivo) attraverso l’invocazione di un tutela della privacy(rectius:riservatezza) dei cittadini quantunque si tratti di cittadini invasi dalle intercettazioni in occasione di indagini tese al perseguimento di reati penali. In tutti questi casi ciò che più di tutto ha turbato molti oppositori per caso – è la mia situazione – è stata l’assoluta mancanza di onestà intellettuale di molti messaggi mediatici e anche di molti messaggi veicolati da uomini delle istituzioni. In ogni tribuna televisiva visibile gli oracoli di ogni tendenza hanno veicolato al cittadino messaggi forvianti in modo da rendere plausibile ciò che in realtà non si sarebbe mai potuto dire chiaramente ai quivis di ogni parte d’italia: la legge non è più generale ed astratta ma particolare e concreta. Nei mesi trascorsi molti insigni giuristi e altrettanti uomini dell’informazione hanno spiegato con semplicità (speriamo ci siano riusciti) che il progetto di legge sulle intercettazioni non aveva niente a che fare con la riservatezza dei cittadini posto che il quisque de populo che si incolonna al mattino per raggiungere il proprio posto di lavoro, che durante il tragitto pensa alla rata del mutuo o alla bolletta del gas, poi al figlio che sta all’università, ecc… nulla ha da temere dalle intercettazioni ambientali o telefoniche perché al massimo può permettersi qualche svago sentimentale che, per essere scoperto, non necessità di intercettazioni ambientali bastando la normale curiosità degli altri e un po’ di sfiga. In questi ultimi mesi poi abbiamo assistito all’ennesimo miracolo politico di questo ultimo ventennio; nella desolazione di reali alternative di messaggi culturali e sociali, in un panorama cioè di appiattimento su un sentiero unico, la maggioranza di governo, come era già accaduto ai tempi dell’UDC di Casini e Follini, ha partorito la sua vera opposizione i Finiani. Qualcuno sostiene che sia tutta colpa di Bocchino che ha finito per essere una vera spina nel fianco dell’etica di governo, in realtà sembra si tratti di uno scatto d’orgoglio della parte di destra che ritiene che la legge debba essere necessariamente generale ed astratta. Ciò che conta però è che sentir dire che Paolo Borsellino è un eroe restituisce senso alle parole diritto e rovescio anche a volerle vedere solo in senso tennistico. Pare cioè che lo scatto di orgoglio dei Finiani abbia ridato un senso al termine antitetico dove, almeno per la concezione dello stato, può dirsi che esistono correnti di pensiero che si pongono in antitesi. Tutto questo accade mentre una buona parte dei quivis che ritenevano ormai superato il grande problema della riproposizione dei limiti dell’aborto, dell’immigrazione clandestina e del poliziotto di quartiere, scopre che le vacanze vanno drasticamente ridotte o del tutto abolite, che girano sempre meno soldi e, soprattutto, che le banche hanno drasticamente ridotto il sostegno creditizio. Il calabrese silenzioso ritrova il mare a volte ancora con la schiumetta, lui che certamente non ha mai pensato di berlo ( si sa che l’acqua salata impedisce di respirare se la bevi) se vuole andare in Sila trova i lavori in corso sulla statale e scopre l’efficienza dello stato. Lo Stato, tuttavia, non è solo fatto di agenda politica anzi in gran parte è fatto da uomini e donne che, come notava mirabilmente il Direttore Cosenza, nelle ultime settimane, sembra avere dato sprazzi di primavera proprio in Calabria e a Cosenza. L’editoriale del Direttore mi ha fatto venire in mente un bellissima canzone di Jovanotti in cui si dice che è bello quando il sentimento si sposa con il sesso, quando cioè, come nell’editoriale, all’informazione si unisce un impegno civile di vaga ispirazione tomista. Anche perché, sempre quel quisque incolonnato credo si rincuori nel sentirsi tutelato nei suoi diritti dagli uomini dello stato. Per la Calabria l’estate è anche il momento di maggiore interazione geografica, figli che tornano e turisti che arrivano. Mi viene in mente l’età breve di Corrado Alvaro e quel senso di importanza e di maturazione che il partire rappresentava per il protagonista. Leggevo ieri alcune considerazioni leghiste secondo le quali il progetto politico dei finiani sia proprio quello di porsi quale gruppo che porta avanti le migliori istanze del sud in antitesi proprio alla lega. Sul piano generale si potrebbe dire che era ora visto che un partito di ispirazione centralista, ispirato al simbolo della nazione mal si conciliava con l’idea della padania, mi chiedo, tuttavia, se questo nuovo gruppo sarà in grado di affrontare il senso del messaggio dell’età breve di Alvaro, dell’appuntamento con l’emigrazione e la sua importanza o se più semplicemente saprà rispondere all’ira di Massimo Troisi quando in viaggio gli dicevano napoletano? Emigrato? No in vacanza.

Francesco Siciliano